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La comunicazione inclusiva: un ponte tra le singolarità

 

Parlare di inclusione significa comprendere all’interno di qualcosa, un concetto che anche in natura troviamo: in mineralogia l’inclusione di una sostanza crea speciali effetti di luce: perché per l’umanità non è la stessa cosa? Non si tratta solo di condivisione degli spazi, ma di contaminazioni, creando un mosaico che rispecchia l’infinita varietà dell’umanità.

 

L’obiettivo è cercare di rimuovere le barriere - fisiche e metaforiche - che possono impedire alle persone di comprendere o partecipare pienamente, garantendo così che ogni individuo sia osservato, ascoltato e valorizzato: costruire ponti che collegano diversi mondi.

 

 

La tua azienda ha una comunicazione inclusiva?

Perché sempre più aziende decidono di fare propria una comunicazione sempre più inclusiva? La risposta non è solo una: in alcuni casi lo fanno semplicemente per strizzare l’occhio ai possibili consumatori - i cosiddetti washing (green, pink, rainbow) - altri invece lo fanno per esprimere realmente il pensiero del brand.

Detto questo, forse sarà una unpopular opinion, sappiate che non è necessario avere una comunicazione inclusiva: ci spieghiamo meglio. Non è sempre necessario. Per avere una inclusive footprint occorre che sia credibile, deve essere vera: se il tuo brand non sostiene attivamente un ideale, non serve far finta di sostenerlo.

Ci deve essere una coerenza fra ciò che si dice e ciò che si fa, altrimenti si rischia di cadere nel grande buco del washing: dichiarare di creare una collezione sostenibile e poi essere il primo brand a promuovere il fast fashion, non ti rende credibile agli occhi dei clienti.

 

Il nostro suggerimento

Il consiglio che vogliamo darvi è di essere sempre coerenti con la vostra attività, cercando il più possibile di integrare una comunicazione inclusiva laddove possibile nel vostro specifico settore: se non potete creare prodotti carbon neutral, non parlatene, o fatelo dicendo la verità, che non siete ancora pronti a sostenere una produzione carbon neutral.

Allo stato dell’arte, le persone cercano verità, non vogliono solo parole ma fatti concreti, per questo è sempre più apprezzato il brand activism fra le aziende, perché è un modo per dimostrare l’impegno reale nei confronti del pubblico.

 

Pratiche di comunicazione inclusiva

Nell’atto pratico quindi, cosa occorre fare per avere una comunicazione?

L’inclusione, a dispetto di quello che molti pensano, non è solo il linguaggio che un’azienda utilizza, è molto di più: sono 3 i pilastri sul quale basare il concetto di inclusività: vediamoli insieme.

 

1 — Linguaggio inclusivo

Da tempo ormai si discute ovunque - social, tv, riviste, aziende - a proposito di inclusività della lingua, dell’uso dello schwa, nell’utilizzo dell’* o dell’uso neutro di alcune parole. Ma sono stati fatti passi avanti? Non del tutto, c’è ancora molto da studiare e approfondire per cercare di rendere sempre più inclusiva una lingua.

Che il nostro mondo si basi su un concetto evoluzionistico siamo tutti d’accordo giusto? Darwin e tanti altri scienziati direbbero di sì, un concetto di evoluzione che è intrinsecamente collegato al concetto di natura, allora per quale motivo il linguaggio non può evolversi?

Nel dibattito generale si presentano due posizioni che sono un po’ come la pizza e l’ananas, due elementi che non dovrebbero mai stare insieme: da una parte abbiamo posizioni più conservatrici, i cui esponenti si affannano nella protezione della lingua italiana così com’è, e abbiamo posizioni più progressiste.

Pensate che questo dibattito sia nuovo? Vi svegliamo una cosa: già nel 1500 se ne parlava; non a caso quando nasce l’Accademia della Crusca, se n’è parlato nel 1764 sulla rivista Caffè di Alessandro Verri, se ne parla oggi e continuerà a parlarsene domani.

I modi per raggiungere un linguaggio inclusivo ci sono: scegliere di utilizzare parole neutrali ad esempio: parlare di persone al posto di dire gli uomini, al posto di dare il benvenuto/a diciamo Siamo lieti di averti qui. Questi sono solo esempi d’uso quotidiano, ma vi assicuriamo che si può introdurre un linguaggio inclusivo anche quando parliamo di lavoro.

 

2 — Immagine inclusiva

Nel mondo digitale di oggi, è evidente che la scrittura stia perdendo terreno, lasciando spazio a un diluvio di immagini. L'abilità di mettere insieme le parole e creare frasi significative sembra stia diventando un'arte del passato, perché la comunicazione moderna cerca contenuti più immediati e accessibili, lasciando la scrittura in un angolo un po’ più buio.

Quando associamo il termine inclusività alle immagini la prima cosa che pensiamo è un bello scatto con persone di nazionalità differente, ma è solo questa l’inclusività? No. 

Ci sono solo 2,2-2,5 milioni circa che attualmente non vengono tenute in considerazione quando si creano siti, immagini, grafici, in generale quando parliamo di UX.UI: le persone daltoniche

Quando pensiamo ad un colore per il nostro sito, cerchiamo di immaginarci come sarà per chi ha questa anomalia della vista: ci sono molte applicazione ormai che si possono integrare per capire immediatamente se il progetto sta andando nella direzione giusta; oppure cerchiamo metodi alternativi come preferire una pattern o una texture al posto di un colore all’interno di un grafico; anche scegliere di affiancare un testo esplicativo - per quanto ridondante - può essere molto utile per altri.

 

3 — Oltre le barriere fisiche

L’ultimo pilastro di cui vogliamo parlarvi sono le disabilità uditive e visive. Online sappiamo essere già integrati sui diversi motori di ricerca degli screen reader in grado di leggere la pagina, ma quando i nostri contenuti sono collocati a favori dell’estetica e non del contenuto, come si fa? 

Per le persone vedenti non è un problema intuire l’ordine della lettura, ma chi non ha questa possibilità sarà costretto a rielaborare il contenuto solo dopo averlo ascoltato tutto, rendendo più complessa la fruizione.

C’è poi un tema che sta spopolando online: i sottotitoli nei contenuti video. Se per alcuni si tratta solo dell’ennesima rottura post produzione, bisogna pensare che per altri invece è l’unico modo per poter capire il video che sta osservando.

Sono ancora molti poi gli esempi che potremmo fare: scegliere un font adeguato, optare per l’uso del Braille quando abbiamo supporti fisici, prediligere un linguaggio neutrale ai simboli @ ə *, poiché non leggibili correttamente tramite screen reader.